a cura di: Veronica Remordina
08/05/2018
Ci sono domande che tutti i
genitori prima o poi si pongono, o per cui cercano consigli e supporto. Alcune
di queste domande sono: “cosleeping si o
no?”, “dove far dormire il bambino? Nel lettone o nel lettino?”, “da solo o in
compagnia?”. Il tema è talmente oggetto di interesse che su internet e
nelle librerie si trova di tutto e di più.
A ognuna delle domande che ho
scritto poco sopra la risposta corretta a mio avviso è: “dipende”. La questione
notte è personalissima e ogni genitore ha il suo vissuto, le sue necessità, le
sue idee, allo stesso modo anche ogni bambino nasce unico e diverso dagli
altri: i genitori con 2 o più bambini lo
sanno, magari il primo genito è stato irrequieto di notte con risvegli
frequenti fino ai 3/4 anni, e magari il secondo genito dorme beato tutta la
notte indipendentemente dal luogo in cui si corica o dal genitore che lo
addormenta (si esistono anche questi casi).
Non mi piace l’idea di dare
un’indicazione univoca da mettere in atto a prescindere da tutto, le variabili
in gioco sono troppe, ma c’è qualcosa che mi sento di dire rispetto all’idea di
dormire con i propri figli.
Noi siamo esseri umani e proveniamo
dalla natura, e come tali abbiamo il dovere di ritrovare la connessione ormai
persa con i nostri istinti naturali. Numerosi cuccioli nel mondo animale, e gli
stessi mammiferi (come noi), non dormono da soli, piuttosto sono tenuti a
stretto contatto e trascorrono il sonno assieme alla loro madre che li sostiene
con l’allattamento e li protegge dai predatori. Il cervello umano è programmato alla stessa maniera, quello degli
adulti è programmato per accudire e per proteggere i bambini anche durante la
notte, e quello dei bambini è programmato per comunicare all’adulto il bisogno
di protezione di accudimento durante il sonno (attraverso il pianto). Purtroppo
ciò che succede spesso è che la tv, gli amici, i conoscenti, la pubblicità
hanno il potere di spegnere l’istinto che un genitore ha nei confronti del suo
piccolino, fino a fargli credere che sia giusto, in nome dell’autonomia, far dormire
i bambini da soli dall’età di pochi mesi. Le ricerche dimostrano che bambini
messi a dormire a pochi mesi di vita da soli in cameretta, hanno più
probabilità di diventare bambini ansiosi, paurosi e insicuri. Inoltre quei
bambini che vengono lasciati soli a sgolarsi fino allo stremo delle loro forze
sviluppano maggiori incapacità di gestione dello stress nella loro vita da
adulti.
E allora cosleeping si o no?
Partendo dal presupposto che la
parola cosleeping spesso viene usata
in maniera errata, ecco innanzitutto un’adeguata carrellata della terminologia
più adatta:
Cosleeping: dormire assieme in senso lato, non necessariamente
sulla stessa superficie;
Bedsharing: condividere lo stesso letto con il bambino.
Roomsharing: condividere la stessa stanza.
Cobedding: due fratellini o gemelli che condividono lo stesso
letto.
In generale, le ricerche
nell’ambito della psicologia positiva e il senso naturale suggeriscono una
vastità di vantaggi nel dormire con i bambini. Che poi si tratti del semplice roomsharing mettendo la culletta o il
lettino nella camera dei genitori e mantenendo una ideale separazione, oppure
che si tratti della possibilità di praticare il bedsharing, queste sono scelte personali che dipendono anche dal
bambino. Ci sono bambini che non chiuderebbero occhio se messi nel lettone con
i genitori, e che allo stesso tempo non chiuderebbero occhio se lasciati
dormire da soli in cameretta, ma nella stessa stanza riposano in pace e beati.
Quindi ciò che suggerisco è di ragionare sempre nell’ottica che siamo esseri umani e naturali, ancora in connessione con le paure del buio e dei predatori, e in base a ciò decidere se fare bedsharing o roomsharing a seconda delle esigenze/preferenze del bambino. Perché è dalla sicurezza dell’accudimento che crescono bambini sicuri e che un giorno cercheranno la loro autonomia, esprimendola e chiedendola loro stessi quando sentiranno di essere pronti.
Veronica Remordina è Fondatrice di ECS Educational Coaching School, la scuola che con il suo Master in Parent Coaching ha già fornito strumenti pratici e concreti a centinaia di educatori, pedagogisti, psicologi ed esperti familiari.
È creatrice del primo protocollo di Parent Coaching in Italia.
Scrive per la nota rivista Coach Mag - il Magazine del Coaching e della Formazione.
Per il suo lavoro di divulgazione anni fa fu chiamata a parlare alla conferenza internazionale del TedX. E' proprietaria dei marchi registrati e dei siti originali www.parentcoaching.it e www.educationalcoaching.it
Tiene corsi on line e in tutta Italia.
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